Mercoledì 25 luglio – Diaz

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Regia Daniele Vicari

Sceneggiatura Daniele Vicari, Laura Paolucci

Fotografia Gherardo Gossi

Montaggio Benni Atria

Scenografia Marta Maffucci

Costumi Roberta Vecchi, Francesca Vecchi

Musica Teho Teardo

Con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia

Durata 120 minuti

Distribuzione Fandango

– Ospite della serata: Domenico Procacci

 

Diaz_cover-4443Nellambito dei drammatici scontri che misero a ferro e fuoco la città di Genova in occasione del G8 del luglio 2001, la ricostruzione del massacro perpetrato dalle forze di polizia allinterno della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La costruzione di Diaz ci è sembrata non solo spettacolarmente forte, ma funzionale allanalisi di quella notte in cui la democrazia italiana venne azzerata. È giusto che Vicari ci mostri prima le violenze commesse dalla polizia, con un realismo a tratti insostenibile, e dopo la loro preparazione, con prefetti e questori di mezza Italia che danno mandati alle forze dellordine di entrare nella scuola e non fare prigionieri. […] Non è facile fare cinema al tempo stesso razionale ed emozionante. Vicari ci è riuscito. Dentro il film non ci sono né pistolotti ideologici né giudizi aprioristici sulloperato dei personaggi. Tutto viene dai verbali, non cè una sola battuta inventata, solo i nomi dei personaggi sono modificati. Fuori dal film cè la riflessione su ciò che Genova ha significato nellItalia del 2001 e del decennio successivo.

Alberto Crespi, lUnità, 13 febbraio 2012

Con una scelta di stile che non si concede licenze, non nasconde e anzi mette ben in evidenza che si sta parlando di cose vere, ma da un lato spinge molto sullazione, la velocità, il ritmo narrativo, e dallaltro usa la convenzione che umanizza il racconto nel seguire un gruppo di singole vicende, Vicari racconta i giorni tra il 19 e il 22 luglio. […] Il sangue della Diaz e le vessazioni alla caserma di Bolzaneto, nella rappresentazione su grande schermo, danno la misura delle violazioni dei diritti umani: che lassenza del reato di tortura dallordinamento italiano ha impedito di chiamare e perseguire con il loro nome.

Paolo DAgostini, la Repubblica, 13 aprile 2012

Diaz non mostra (senza peraltro calcare la mano) solo i pestaggi, le umiliazioni, il sadismo, talvolta le torture subite da giovani inermi, ma insiste sulle manovre, le prove fabbricate ad arte, le armi e molotov introdotte nella Diaz dalla polizia, i dubbi di chi avrebbe voluto usare i lacrimogeni, i timidi e subito zittiti cenni di dissenso fra i poliziotti, i funzionari che dettano le verità ufficiali della stampa, le divisioni e le ingenuità del movimento. E soprattutto non smette di interrogare e interrogarsi, esibendo i meccanismi del racconto. Comè potuto accadere tutto questo? Cosa cera dietro? Possibile che il Parlamento abbia respinto due volte la richiesta di una commissione dinchiesta? Ci vuole coraggio per vedere Diaz. Ma ce ne voleva molto di più per farlo.

Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 7 aprile 2012

Il film di Vicari non si arroga il diritto di spiegare, ma solo quello di ricostruire la vicenda in un racconto corale che ha il pregio di mettere bene in evidenza pestaggi, violenze, soprusi, persino torture, come quelle imposte nella caserma di Bolzaneto. […] Sulla base di documenti filmati e degli atti del processo, le ore di quella nottata vengono di nuovo scandite, in una oscena scenografia, dagli incitamenti dei manganellatori e dalle urla dei feriti. Vicari congegna la narrazione in un continuo andare e venire nel tempo di quella tragica giornata di «degrado morale» e di «diritti sospesi».

Andrea Martini, Il Giorno-il Resto del Carlino-La Nazione, 13 febbraio 2012

Vicari struttura con rabbia unopera che trasuda sdegno civile e dispensa empatia emotiva senza mai salire sulla cattedra del jaccuse politico. Si cala con onestà in un contesto ancor oggi inconcepibile non disprezzando qualche incursione nel genere. Un cinema coraggioso e sincero che rifugge la denuncia fine a se stessa per concentrarsi sulla dignità strappata delle persone. Distilla umanità da una situazione disumana e, per dirla con Calvino, cerca di «riconoscere chi e cosa, in mezzo allinferno, non è inferno», in unoperazione prima umanista e poi, necessariamente, politica.

Federico Pedroni, duellanti, n. 77, luglio 2012

Daniele Vicari, che è anche autore della sceneggiatura assieme a Laura Paolucci, basata sulle ricostruzioni del processo, lascia molto di quanto accadde a Genova nel 2001 fuoricampo e concentra il racconto sullassalto della polizia alla Diaz e sulle torture la notte stessa e nei giorni seguenti nella caserma di Bolzaneto […]. E cerca soprattutto di capire le ragioni profonde, il vero cuore del problema oltre alle etichette abusate come «macelleria messicana», il fatto cioè che in un Paese cosiddetto democratico, in unEuropa democratica, sia stato possibile che tutto ciò accadesse.

Cristina Piccino, il manifesto, 21 febbraio 2012