Giovedì 26 luglio – Cesare deve morire

cesare

Regia e sceneggiatura Paolo Taviani, Vittorio Taviani

Fotografia Simone Zampagni

Montaggio Roberto Perpignani

Musica Giuliano Taviani, Carmelo Travia

Con Salvatore Striano,  Cosimo Rega,  Giovanni Arcuri,  Antonio Frasca,  Juan Dario Bonetti,  Vincenzo Gallo,  Rosario Majorana, Fabio Cavalli, Vittorio Parrella

Durata 76 minuti

Distribuzione Sacher

– Ospite della serata: Roberto Perpignani e alcuni attori del cast

 

cesare-deve-morireAllinterno del carcere romano di Rebibbia, sotto la direzione del regista Fabio Cavalli, i detenuti sono coinvolti nella messa in scena del Giulio Cesare di Shakespeare. A volte, realtà e finzione si confondono.

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli interpreti di Cesare deve morire, così come Cavalli e i Taviani, vanno dritti alle viscere e allosso del dramma di Shakespeare: ne mettono a fuoco la dimensione più universale, extratemporale ed extraterritoriale. Che vestano da antichi romani o che indossino gli abiti quotidiani, i detenuti-attori non pretendono mai naturalezza, ma restituiscono sempre amplificato labisso dei sentimenti e tradimenti umani, ci donano frammenti della loro vita vissuta. Alla fine della proiezione negli occhi resta soprattutto il volto di chi, presa coscienza del proprio furore artistico, alternativa alla rabbia più sorda, si rende conto che la cella è prigione. Gli uomini che abbiamo appena visto lottare, dialogare, stringersi mortalmente per finta, più che attori sembrano amici perduti, che hanno sbagliato e per questo sono emarginati e lontani. Larte ce li ha fatti rincontrare, almeno per un attimo.

Luca Barnabé, duellanti, n. 76, aprile/maggio 2012

I Taviani hanno lavorato su un terreno già fertile, perché da anni esiste a Rebibbia un laboratorio teatrale diretto dal regista Fabio Cavalli: il cast del film era per così dire già pronto, Paolo e Vittorio lavevano visto allopera. Ma la loro grande intuizione è stata di non trasferire meccanicamente su film uno spettacolo già esistente, bensì di mettere in scena le prove di un testo nuovo allestito non su un palcoscenico, ma nei luoghi dove i detenuti vivono normalmente: celle, corridoi, spazi per lora daria.

Alberto Crespi, lUnità, 2 marzo 2012

La scelta di fondo del film è quella di non percorrere la strada del documentario, con tutte le sue astuzie per catturare la realtà, ma di cancellare la differenza tra i momenti di recitazione e quelli di pausa o di riflessione: tutto è recitato. […] In questo modo il film non cerca unimpossibile verità (impensabile in un carcere), ma usa la forza della recitazione (e del teatro) per recuperare lemozione della messa in scena, dello spettacolo. Non possiamo mai dimenticare che stiamo assistendo a qualcosa di non realistico, di non documentario, ma proprio per questo siamo più disposti a lasciarci andare allemozione.

Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 12 febbraio 2012