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VERSIONE RESTAURATA DALLA CINETECA DI BOLOGNA NEL 2019
Alle ore 20.30 prima della proiezione del film CERIMONIA DI PREMIAZIONE
Anno: 1951
Paese: Italia
Durata: 100′
regia di Vittorio De Sica
Soggetto dal romanzo Totò il buono (1943) di Cesare Zavattini
Sceneggiatura Cesare Zavattini, Vittorio De Sica, Suso Cecchi D’Amico, Mario Chiari, Adolfo Franci.
Musica Alessandro Cicognini
Con Francesco Golisano (Totò), Emma Gramatica (Lolotta), Paolo Stoppa (Rappi), Guglielmo Barnabò (Mobbi), Brunella Bovo (Edvige), Arturo Bragaglia (Alfredo), Anna Carena (Marta), Alba Arnova (la statua che prende vita), Flora Cambi (l’innamorata infelice), Virgilio Riento (il sergente delle guardie).
Produzione Vittorio De Sica per Produzioni De Sica, ENIC – Ente Nazionale Industrie Cinematografiche.
Trama
L’anziana Lolotta trova un neonato abbandonato fra i cavolfiori del proprio giardino. La donna cresce il piccolo come fosse suo figlio e lo chiama Totò. In seguito alla morte della madre adottiva, il fanciullo è costretto a passare da un orfanotrofio all’altro fino a diventare senzatetto. Per strada il ragazzo incontra una serie di personaggi altrettanto sfortunati ed assieme costruiscono un rifugio accogliente nonostante gli scarsi mezzi disponibili.
Miracolo a Milano è un’opera lirica nella quale la lotta per l’alloggio di un gruppo di vagabondi viene presentata come una fantasia. Gli abitanti proletari della baraccopoli sono in costante conflitto con un potente capitalista. La forma è sia marcatamente realista sia aperta a tocchi surrealisti. Nei loro film più significativi Vittorio De Sica e Cesare Zavattini seppero animare il dramma degli oggetti come era stato fatto raramente dopo i film tedeschi degli anni Venti sceneggiati da Carl Mayer. Qui gli oggetti appaiono spesso inspiegabilmente strani, fuori posto: una macchina da cucire, un divano, una fisarmonica.
In Miracolo a Milano la fiaba è uno strumento di cristallizzazione e un veicolo d’evasione. La commedia della cittadinanza: virtù scomparse, che nelle difficili circostanze del periodo postbellico trovano posto e sopravvivono solo nella fantasia. Nella straordinaria corrente d’ispirazione che anima De Sica e Zavattini, la descrizione del mondo contiene in sé un’ironia crudele. La fantasia offre rifugio agli angeli buoni della nostra natura che aleggiano sulla fredda quotidianità.
La visione è pervasa da una comicità di fondo e originale. Il racconto della malattia, della fame, della disabilità e della povertà non scade mai nella falsa poesia. È invece illustrato mediante gag creative e originali, come il povero così magro da volare in cielo portato dai palloncini. L’accumulo di situazioni grottesche e surreali, ‘felliniane’, passa in affettuosa rassegna un’umanità straordinariamente versatile. La visione comica assume a sua volta dimensioni politiche e storiche perfino più vaste. Abbondano usi e ornamenti dell’era mussoliniana. Alla burocrazia – sempre disprezzata da De Sica – viene riservato un trattamento speciale, e lo stesso vale per lo scontro fisico tra i poveri e i poliziotti (sicuramente poveri diavoli pure loro).
Il tono è tenero ma non mitigato: sostanzioso come nelle vere fiabe, non sdolcinato né annacquato. Tante sono le affinità che vengono in mente, da Francesco d’Assisi alla Gelsomina di Fellini.
Dagli appunti postumi di Peter von Bagh (2014), traduzione di Antti Alanen