Venerdì 27 agosto, ore 21,15
Hammamet
regia di Gianni Amelio
Sceneggiatura Gianni Amelio
con Pierfrancesco Favino, Renato Carpentieri, Omero Antonutti
Fotografia Luan Amelio
Montaggio Simona Paggi
Musica Nicola Piovani
Scenografia Giancarlo Basili
Costumi Maurizio Millenotti
Durata 126 minuti
Produzione Pepito produzioni con Rai Cinema, in associazione con Minerva Pictures Group, Evolution People, in collaborazione con SBH
Distribuzione 01 Distribution
Italia, 2020
A vent’anni dalla morte di uno dei leader politici italiani più controversi della prima repubblica, la sua figura torna ad essere rievocata nel periodo finale della sua vita trascorso nella dimora tunisina di Hammamet. Intorno al protagonista sconfortato e inasprito verso i suoi avversari si anima un teatro di memorie oscure, strane presenze, visite, battaglie, rimorsi, fantasmi, a partire da un ragazzo misterioso, Fausto, che lo raggiunge e lo segue istaurando con lui un rapporto insidioso. La parabola del re decaduto si conclude lontano dall’Italia, nonostante un estremo tentativo di ritorno, in un infittirsi di misteri, allegorie, allusioni che ne accompagnano e siglano l’esistenza privata e la carriera pubblica.
«Qualcuno mi aiuti a dire che il mio Hammamet non è un film su Craxi». Gianni Amelio va preso in parola. Hammamet non è infatti un film su Craxi. Piuttosto un film subissato dal suo doppio, esattamente come la maschera di Pierfrancesco Favino riproduce quella di Bettino Craxi e ne viene a sua volta subissato. Come nei film espressionisti, Hammamet vive a ridosso dell’ombra craxiana, sdoppiandosi e diventando altro da sé: un oggetto del contendere considerato da qualcuno a scatola chiusa troppo indulgente nei confronti di Craxi. Fa pensare a un film che fagocita se stesso o che si trova in continuazione faccia a faccia con ciò che sembra essere. Allora, dei due, qual è quello di Amelio? Certamente il primo, che non è appunto un film, dando ragione all’autore, su Craxi. Il film numero uno non può però fingere di ignorare il suo gemello, ossia il film numero due, pretesto ideale per accendere un dibattito e veicolare un desiderio a lungo rimasto sopito di resuscitare Craxi, tornare a Craxi, rimpiangere Craxi. Di quell’Hammamet pubblico, a uso e consumo terzi, restano ben poche tracce nell’Hammamet privato, in tutti i sensi, di Amelio. Il quale restituisce una vista sull’Italia che include e trascende Craxi, procedendo per citazioni cinematografiche ed extracinematografiche, di cui la spia sono le immagini subliminali de Le catene della colpa, Là dove scende il fiume e Secondo amore. Proprio su Là dove scende il fiume scrisse una volta Amelio: «Sosteneva Mann (e con lui lo sceneggiatore Borden Chase) che la cosa più coinvolgente per lo spettatore è un uomo sconfitto. Che combatte e vince sulle proprie disgrazie. Ancora meglio se, in un punto del film abbastanza lontano dal finale, quest’uomo giura a se stesso che si vendicherà di chi l’ha maltrattato, fosse pure la cattiva sorte». Ecco una possibile chiave dell’Hammamet numero uno che conduce all’Hammamet numero due.
Ospite della serata
il regista Gianni Amelio