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3 agosto ore 21.15
Chiostro di San Colombano (Bobbio)
ORLANDO
Italia, Belgio, 2022
Regia Daniele Vicari
Sceneggiatura Andrea Cedrola, Daniele Vicari
con Michele Placido, Angelica Kazankova, Fabrizio Rongione
Fotografia Gherardo Gossi
Montaggio Benni Atria
Musica Teho Teardo, Davide Cavuti
Scenografia Igor Gabriel, Beatrice Scarpato
Costumi Francesca e Roberta Vecchi
Durata 122 minuti
Prodotto da Marica Stocchi e Joseph Rouschop
Una produzione Rosamont, Tarantula con Rai Cinema
Distribuzione Europictures
Ospiti della serata
il regista Daniele Vicari
Trama
L’anziano Orlando non ha mai lasciato il piccolo borgo tra le montagne dell’Italia centrale. Molti altri compaesani sono invece emigrati, compreso suo figlio, che vive a Bruxelles e Orlando non vede ormai da molti anni. Ma quando dal Belgio giunge una chiamata urgente d’aiuto da parte del figlio, Orlando si decide a intraprendere per la prima volta questo viaggio. Ma a Bruxelles arriva troppo tardi. Il figlio è già deceduto e Orlando scopre però di avere una nipote di dodici anni, Lyse, con cui dovrà imparare a convivere e confrontarsi.
Due generazioni molto distanti, anche geograficamente, oltre che culturalmente, costituiscono in “Orlando” il fulcro di un discorso sulle radici e lo sviluppo, tra prospettive e contraddizioni aperte, del modello di comunità. Nel film di Vicari non c’è soltanto la reciproca conoscenza e scoperta di due mondi polarizzati, quello dell’anziano italiano e della giovane adolescente che dal suo ceppo deriva ma tuttavia è estranea ad un “orizzonte degli eventi” circoscritto all’Italia. Trascende dunque la pura geografia questa scelta di ambientare e perciò divaricare il senso di una visione stanziale dell’esistenza, invecchiata come il protagonista, e di una prospettiva invece giovane e antagonista, dinamica e dislocata. La complementarità nel rapporto tra il nonno e la nipote è il sintomo di un mondo mutato, in cui Bruxelles non è una qualunque città belga, né semplicemente la capitale. Ma è la sede esplicitata di un modello di sviluppo europeo in cui non solo le merci ma anche le persone circolano, non riducibili alla sola consistenza produttiva di risorse umane. La vena politica dell’autore di “Diaz” e “Prima che la notte”, recuperando la meccanica e la drammaturgia del viaggio, trova in questa situazione familiare ulteriore e allusivo spazio emotivo di approfondimento “commosso”, letteralmente nell’accezione di “mosso con” i due protagonisti esemplari.
Anton Giulio Mancino