Martedì 25 luglio – L’accabadora

accabadora

Regia Enrico Pau

Con Donatella Finocchiaro, Barry Ward, Sara Serraiocco, Carolina Crescentini

Italia, Irlanda 2016
Regia Enrico Pau
Sceneggiatura Antonia Iaccarino Enrico Pau Igort [Igor Tuveri]
Fotografia Piers McGrail
Montaggio Johannes Hiroshi Nakajima, Andrea Lotta
Scenografia Marco Dentici
Costumi Stefania Grilli
Musica Stephen Rennicks
Durata 86 minuti
Distribuzione Koch Media

 

– Ospiti della serata: Enrico Pau e Sara Serraiocco

laccabadora locDurante la Seconda guerra mondiale Annetta, una donna vestita di nero emblematici della sua tristezza e del suo mistero, arriva a Cagliari dalla campagna, per occuparsi della casa di una ricca famiglia. Qui ritrova sua nipote Tecla in una casa di tolleranza, ma conosce l’angoscia dei bombardamenti ed è perseguitata dal suo passato. Finché non incontra un giovane medico straniero.

 

 

 

 

 

 

 

 

l nuovo film di Enrico Pau si pone una scommessa ambiziosa, che poi ricorre nei film di un regista eccentrico rispetto agli stili e alle mode del cinema italiano; e cioè il racconto di un tempo, e di un mondo, attraverso personaggi messi davanti a una scelta che è insieme una sfida alla loro realtà a cui Pau cerca una corrispondenza visiva nella composizione pittorica delle inquadrature, nei colori delle stoffe che qui sembrano intrecciarsi agli stati d’animo del personaggio.
Questa sospensione, la stessa che attraverserà la Sardegna, la regione del regista che vi ha ambientato tutte le sue storie (Jimmy della collina, Pesi leggeri), e l’Italia intera alla fine del conflitto, è caratterizzata dalle stesse lacerazioni che segneranno la nostra Storia, in cui il bisogno di libertà della protagonista trova il suo riflesso e le sue contraddizioni.
Ma L’accabadora è anche, o forse soprattutto un film “femminile”. Nella scrittura – la sceneggiatura è del regista insieme a Anna Iaccarino e al graphic novelist Igort – è come se il regista provasse, esasperandone i contorni, a scompigliarne la dimensione letteraria che solitamente vi si accompagna: quella che imprigiona l’accabadora e quella che punteggia le figure di quel paesaggio di rovine, di un matriarcato millenario in cui il destino veniva accettato con rassegnazione.
Annetta diviene una ribelle, e con sé, tra le paure e l’emozione di un amore «estraneo» al suo mondo che le permette di reinventarsi, porta il sentimento della sua terra con le sue ricchezze nascoste e le speranze appese a un filo (molto bello l’inserto di un filmato d’epoca che mostra la processione di Sant’Efisio attraverso le macerie), col peso di un passato pesante e dei suoi spettri.

Cristina Piccino Il manifesto